Club Futuro meets Sexism Free Night
Abbiamo intervistato Cristiana Vale Pires, una delle fondatrici di Sexism Free Night, realtà portoghese che si occupa di de-normalizzare il sessismo e combattere la violenza di genere nella notte (eng. version at the bottom of the page).
CF: Come nasce Sexism Free Night e qual’è la mission del progetto
Sexism Free Night nasce a Porto, in Portogallo, nel giugno 2018, come progetto pilota promosso dalla Facoltà di Educazione e Psicologia dell’Università Cattolica del Portogallo (FEP-UCP), in stretta collaborazione con Kosmicare e il comune di Porto.
Abbiamo preso spunto dalle ricerche su esperienze di donne che fanno uso di alcol e/o altre droghe negli ambienti della vita notturna, e anche nel quadro metodologico di riduzione del danno.
Siamo state ispirate anche da precedenti programmi di formazione (ad es. Responsible Beverage Service) e dai progetti di Safer Label – per una vita notturna più sicura. In particolare, prima di progettare Sexism Free Night, sono stata coinvolta nella progettazione e valutazione di due progetti per la vita notturna più sicure in Portogallo: Safe!n Cais a Lisbona e Safe!n Porto, entrambe cofinanziate dai comuni locali.
Dopo queste esperienze, avendo una crescente interesse verso le dinamiche di genere nella vita notturna, ho deciso di elaborare un approccio metodologico per prevenire, rilevare e rispondere alla violenza sessuale e promuovere ambienti più sicuri ed egualitari.
La nostra vision è quella di “incoraggiare un futuro in cui la nightlife adotti una prospettiva di genere nel promuovere sicurezza, diversità e arricchimento per tuttə”
L’esperienza a Porto ha avuto successo e abbiamo deciso di lavorare a livello europeo, ottenendo finanziamenti dal Programma Diritti, Uguaglianza e Cittadinanza della Commissione Europea.
Abbiamo creato un consorzio coinvolgendo un’università (FEP-UCP, Portogallo), due organizzazioni che rappresentano vita notturna e club culture (Clubcommission Berlin, Germania e Kanepe Social Center, Lettonia), un’organizzazione che implementa approcci di genere negli ambienti notturni (Observatório Noctabul@s della Health and Community Foundation, Spagna), una ONG per la riduzione del danno (Re Generation from Servia) e NEWNET, una rete europea di organizzazioni per la riduzione del danno.
Il progetto ha implementato una ricerca online che è stata la base per attività di formazione e manuali ed una campagna su social media. Per rafforzare il network a livello europeo, abbiamo avviato una mappatura di organizzazioni, progetti, collettivi e altre iniziative, creando il Sexism Free Night Network.
Pensiamo che questa rete possa ispirare i professionisti della riduzione del danno, gli organizzatori di festival e che lavora nel mondo ad rendere mainstream le questioni di genere e la denormalizzazione del sessismo in ambienti di svago e culturali.
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CF: Com’è nata l’idea di adottare l’approccio dell’ Active Bystander (spettatore attivo)?
Quello dell’Active Bystander è un insieme di approcci che sensibilizzano e coinvolgono terze parti nell’individuazione e nella risposta
sia a micro-aggressioni che a situazioni di maggiore intensità di violenza di genere. È stato utilizzato per diversi anni come modello per prevenire il bullismo, i conflitti e la violenza di genere e la violenza.
Avendo lavorato nella riduzione del danno nella vita notturna e negli ambienti dei festival dal 2008, l’approccio mi è subito sembrato in linea con gli approcci di peer support e peer education già presenti nel mio lavoro.
Il peer supporto è interessante perché mentre l’intervento professionale è molto limitato in termini di spazio e tempo, i peers – “i pari” – sono in prima linea nelle situazioni di crisi e di conflitto.
È venuto abbastanza naturale e logico quindi combinare l’approccio dello spettatore attivo per sensibilizzare e attivare le persone che assistono a dinamiche di sessismo.
Se siamo in grado di promuovere una cultura in cui le persone in locali, club e festival sono attivi nel sostenere e prendersi cura dei loro pari in situazioni di vulnerabilità, stiamo migliorando profondamente questo contesto.
CF: Quali attività avete fatto per promuoverlo, avete incontrato delle difficoltà?
Il progetto è iniziato a gennaio 2020, quindi in un momento molto complesso per via del Covid. Tuttavia, l’impossibilità di poter lavorare sul campo, ci ha anche dato la spinta a lavorare con nuovi strumenti. È da qui che nasce la campagna digitale Sexism is a Virus e il Bystander Chain Reaction (la reazione a catena dello spetttore attivo).
Per questa campagna abbiamo lavorato con il nostro partner del Kanepe Cultural Center, un concept designer ed un illustratore.
Dai nostri studi online abbiamo quindi elaborato 6 diverse situazioni che ricreano scenari di sessismo o molestie nella notte ed invitiamo le persone a riflettere come potrebbero comportarsi per diventare Active Bystander.
Oltre che a divulgarlo sui social, abbiamo anche stampato del materiale e preparato pacchetti con post e adesivi da inviare a club, festival, team di riduzione del danno o altre organizzazioni interessate.
CF: Quali sono i limiti del progetto e come pensate di superarli?
Pensando agli ostacoli o limitazioni del nostro approccio, la cosa che mi viene in mente è il fatto che la maggior parte della nostra comunicazione ha un approccio binario.
Questo è sicuramente un sintomo della mancanza di rappresentatività a livello di genere nel nostro consorzio, poiché la maggior parte di noi sono persone cisgender ed eterosessuali. Questo aspetto si è riflesso nel modo in cui progettiamo e diffondiamo la nostra ricerca, e poiché tutti i risultati erano basati sui risultati della ricerca, ovviamente, è stato molto difficile superare il binarismo di genere. Alcune persone queer hanno espresso e condiviso con noi come i nostri messaggi fossero micro-aggressioni per loro, escludendoli come vittime del sessismo, e questo ci ha fatto riflettere molto sul modo in cui comunichiamo.
È stato un processo di ascolto molto importante.
Il fatto è che il mondo che conosciamo non ha mai incluso in maniera equilibrata tutti i punti di vista a livello di genere, quindi mentre cerchiamo di innovare e diffondere a livello mainstream questi approcci di genere, andremo incontro a semplificazioni, sbaglieremo e probabilmente danneggeremo alcune persone nel processo.
Per ridurre al minimo questi rischi dobbiamo adottare un design progettuale equilibrato a livello di genere e partecipativo sin dalle prime fasi, assicurandoci di avere rappresentatività nel team e coinvolgere le persone colpite da questi problemi.
Inoltre, visto che non utilizziamo un linguaggio gender-neutral quando ci riferiamo a persone che subiscono(d) violenza (donne, persone transgender e non binarie) e autori di reati (uomini cisgender), riceviamo a volte mail da uomini che hanno vissuto violenza di genere e che si sentivano invisibilizzati dalla nostra campagna.
Nel nostro caso, abbiamo deciso di usare intenzionalmente un linguaggio non neutrale per dare visibilità alla sproporzione dei generi emersa dai risultati dalla nostra ricerca.
Dal nostro studio, risulta chiaro che donne, persone transgender e non binarie sono colpite in modo sproporzionato da violenza di genere quando escono di notte, e gli uomini sono indicati come i principali responsabili.
Infine, durante la diffusione della campagna, abbiamo sentito anche le voci di chi supporta il claim #NotAllMen, ma abbiam deciso di non dare peso a narrazioni reazionarie di genere e critici maschilisti.
Ritornando alla mancanza di rappresentatività delle persone queer negli output dei progetti, abbiamo creato spazi di dialogo e incoraggiamo la loro partecipazione ai nostri eventi per condividere le loro visioni, esperienze e priorità. Un breve della discussione promossa durante il nostro seminario finale può essere visto qui.
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CF: Quali sono i vostri piani futuri
Sexism Free Night fino ad ora ha svolto ricerche, prodotto contenuti di formazione e materiali di sensibilizzazione, fino a creare una rete europea. Queste risorse sono già molto preziose, ma si tratta solo dell’inizio.
Il progetto termina a fine settembre, ma i lavori non finiranno.
Sto finalizzando un documento di orientamento con criteri minimi che devono essere presi in considerazione da luoghi o eventi che intendono implementare politiche e pratiche di Sexism Free Night. Inoltre, quest’anno ho coordinato l’implementazione su larga scala di Lilac Care – supporto alle persone che subiscono (o hanno subito) violenza di genere in 5 festival (Queima das Fitas, NOS Primavera Sound, Arraial Lisbon Pride, Boom Festival e Raduno ZNA). In questo senso, in Kosmicare (una ONG portoghese per la riduzione del danno con cui collaboro) stiamo espandendo il concetto di psycare per integrare approcci di reattività di genere.
Quest’anno abbiamo sostenuto 21 persone, per lo più donne, che si sono lamentate della violenza di genere (violenza intima del partner, violenza sessuale, presunte picchiate, traumi passati innescati durante l’evento e molestie sessuali).
Ora sto anche lavorando a un Protocollo Lillà, un documento che condivide queste esperienze e fornisce una guida ad altri team di riduzione del danno che vogliono che i loro servizi tengano conto delle dinamiche di genere!
You can read the eng version here.
Questa intervista è realizzata nel percorso dei Safer Night Goals, progetto sviluppato da Club Futuro e Neutravel nell’ambito di @tonite_torino, cofinanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale del programma UIA – Urban Innovative Actions.